Emozione e motivazione sono due facce della stessa medaglia. Le emozioni canalizzano energia allo stesso modo delle motivazioni (si tratta in entrambi i casi di drive, che in inglese possiamo tradurre come impulso, spinta). Spesso emozioni e motivazioni coesistono in questa canalizzazione. Fare sesso non è soltanto l’esecuzione meccanica imposta geneticamente dalla specie (ciò che Freud chiamò libido), ma anche una fonte di emozioni, come il piacere (e a volte anche di vergogna e senso di colpa).
Quindi sia le motivazioni che le emozioni attivano e guidano determinati comportamenti, generalmente specie-specifici. Si tratta di comportamenti semplici oppure complessi, formati da azione e/o pensiero, di natura istintiva o razionalmente mediata, ma sempre finalizzati, con intenzionalità rivolta verso l’esterno (tipica nei comportamenti di attacco) oppure verso l’interno (tipica nei comportamenti di evitamento e fuga).
Abbiamo appena detto delle similarità, ma vediamo le differenze. Gli schemi emotivi, quasi alla guisa delle vecchie schede perforate che si utilizzavano con i primi computer, si attivano automaticamente, in risposta a stimoli (che coinvolgo i tradizionali cinque sensi) che provengono dall’esterno mentre gli schemi motivazionali si attivano in risposta a stimoli (spesso di natura propriocettiva, enterocettiva o vestibolare) che provengono dall’interno. Quindi le emozioni si dispiegano a causa della presenza di un sintomo saliente collocato all’esterno e l’intenzionalità è diretta verso il sintomo saliente mentre la motivazione si dispiega a causa della presenza di un sintomo saliente collocato all’interno e l’intenzionalità è diretta verso un secondo stimolo (o oggetto) che è in grado di ridurre la tensione emotiva (ecco perché emozione e motivazione spesso coesistono) generata dalla mancanza o dalla difficoltà a reperire l’oggetto prima detto. L’oggetto è in genere cibo, acqua, protezione, partner ed altro ancora.
Ecco quindi che le motivazioni sono elicitate da stimoli prevedibili o riconducibili ad essi, mentre le emozioni sono elicitate da una più ampia gamma di stimoli, per quanto molti di essi sono altrettanto prevedibili, ma non tutti.
Un’emozione è un fenomeno complesso e formato da diverse componenti; l’emozione attiva e guida uno o più comportamenti (sia motori che mentali). Secondo alcuni autori (Frijda e Lazarus), ogni singola emozione consta di almeno sei componenti. La sequenza con cui queste componenti si dispiegano varia a seconda del modello teorico postulato. In un successivo articolo vedremo come questa sequenza si dispiega.
In un precedente articolo, ho parlato del rapporto tra emozione e motivazione. Ho inoltre accennato al modello di Frijda e Lazarus, sostenendo che l’emozione è …
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Prima di parlare di affetto, emozione e sentimento, diciamo due parole sulla soggettività.
La soggettività
La soggettività è la naturale propensione di ciascun essere umano a elaborare (anche se spesso in modo inconsapevole o parzialmente inconsapevole), in modalità seriale oppure parallela (o in entrambi i modi) i dati ricavati dal suo essere al mondo assieme alle proprie emozioni, affetti, credenze, esperienze, opinioni, sentimenti.
Tra i maggiori limiti che si riscontrano in letteratura, vi è quello relativo ad una frequente mancata distinzione tra i lemmi sopra riportati. In particolare, tra affetto, emozione e sentimento.
Il ruolo dell’ascoltatore
La capacità dell’ascoltatore di cogliere l’esatto significato che un parlante intende esprimere attraverso l’uso di un lemma è fondamentale per la costruzione di una buona pragmatica della comunicazione.
Ogni espressione linguistica – un paralinguismo, una parola, una frase, un discorso – in quanto atto linguistico, si determina in funzione di altri fenomeni, come ad esempio gli stati mentali. Esempi di stati mentali sono le intenzioni, i desideri, le credenze, le emozioni del parlante. Ovviamente entrano in gioco anche gli stati mentali dell’ascoltatore, quantomeno nella forma in cui il parlante se li rappresenta.
Mi chiamo Emanuele Fazio e sono uno psicologo. Aiuto le persone a vivere una vita più appagante e significativa, attraverso la riduzione dello stress e il miglioramento delle relazioni interpersonali.
Mi occupo dei disagi legati a:
° stati d’ansia e depressivi; ° stili di personalità non funzionali; ° bassa autostima; ° difficoltà relazionali al lavoro, a scuola, in famiglia e con il partner.
Entriamo nel dettaglio di affetto, emozione e sentimento
L’affetto
Secondo l’American Psychological Association (APA), per affetto si intende qualsiasi esperienza emotiva, dall’euforia alla disforia, con qualunque grado di intensità e di polarità. L’ affetto è una delle tre componenti del modello tradizionale della mente, assieme alla cognizione e al comportamento.
Secondo Shouse[1], l’affetto è il grado di intensità, il volume sonoro dell’esperienza. È ciò che permette di sentire un’emozione. Se la mente fosse un impianto Hi-Fi, l’affetto sarebbe l’amplificatore. L’affetto è quindi il contenitore e non il contenuto (che sarebbe invece l’emozione).
È il significante e non il significato (che sarebbe invece il sentimento).
Per far ciò sono necessari, secondo Shouse, un uso appropriato del linguaggio – per dare un nome all’esperienza emotigena[2] – e una memoria biografica, da cui attingere per centrare al meglio la definizione.
Per questa ragione i bambini piccoli non provano emozioni ma esprimono reazioni affettive in funzione dell’intensità dello stimolo ricevuto. Nello startle reflex, o startle response, la risposta di allarme è una risposta difensiva in gran parte inconscia a stimoli improvvisi e intensi, prudentemente etichettati come minacciosi, e caratterizzati da rumori improvvisi o movimenti bruschi. Tale reazione è caratterizzata da affettività negativa[3].
Seguendo l’assunto che l’ontogenesi riassume la filogenesi, l’affetto ha preceduto da un punto di vista evolutivo l’emozione, senza tuttavia estinguersi ma ricollocandosi all’interno del sistema individuo con nuove funzionalità, tra cui appunto quella di far sentire un’emozione, assieme alla attribuzione automatica di un valore di positività oppure di negatività[4].
La differenza tra feeling e emotion (che possiamo tradurre rispettivamente in sentimento ed emozione) è pressoché nulla in psicologia ingenua – i due termini sono usati intercambiabilmente e quindi sono sinonimi. Nella psicologia accademica non sempre abbiamo una distinzione tra i due termini oppure abbiamo distinzioni non ampiamente condivise.
Sappiamo che le emozioni sono reazioni bio-regolatorie che mirano a promuovere, direttamente o indirettamente, il tipo o i tipi di stati fisiologici che assicurano sopravvivenza e benessere[5].
Ma come si dispiegano queste reazioni bio-regolatorie?
Si tratta di un sistema predeterminato di attività elettrochimiche a livello neuronale ed endocrino, che coinvolgono quindi rispettivamente neurotrasmettitori e ormoni e che il nostro cervello attiva non appena rileva la presenza di uno stimolo emotigeno significativo. Le attività elettrochimiche neuroendocrine si avviano in automatico, sia che la rilevazione della presenza dello stimolo emotigeno avvenga consapevolmente o inconsapevolmente.
Anche l’attribuzione di significatività (o salienza) avviene in automatico e recluta informazioni che sono immagazzinate in memoria.
Il processo di associazione o apprendimento
In memoria ci sono rappresentazioni di stimoli emotigeni che l’evoluzione ha selezionato come significativi – associazione stimolo/significatività innata – ed anche rappresentazioni di stimoli emotigeni che l’esperienza ontogenetica ha selezionato come altrettanto significativi – associazione stimolo/significatività appresa. A questo processo di associazione (apprendimento) partecipano anche comportamenti – come l’attacco o la fuga – e l’espressione, soprattutto facciale, che comunica a sé e agli altri il tipo di emozione provata.
Nel sapiens l’associazione prosegue con il recupero in memoria della definizione linguistica.
La significatività degli stimoli emotigeni, siano essi innati che appresi, può tuttavia essere mediata/moderata dall’esperienza. Alla significatività è pertanto possibile attribuire un valore, non di tipo dicotomico bensì dimensionale. La significatività può essere mediata/moderata anche da caratteristiche del contesto.
I sentimenti (feelings) sono la percezione cosciente di uno stato emotivo
Quindi: uno stimolo emotigeno esterno NON CONSAPEVOLE oppure interno NON CONSAPEVOLE produce una risposta fisica AUTOMATICA E NON CONSAPEVOLE da parte del nostro organismo. Lo stato fisico (e che quindi non è ancora uno stato mentale[6]) prodotto dalla risposta fisica allo stimolo emotigeno (uno stato fisico che è diverso dallo stato fisico precedente al verificarsi del fenomeno stimolo emotigeno) è percepito CONSAPEVOLMENTE dalla nostra mente.
Più precisamente la nostra mente percepisce il cambiamento di stato.
Perché non percepiamo consapevolmente lo stato fisico prodottosi a seguito dello stimolo emotigeno?
Poiché lo stato fisico in sé non ci informa di nulla, in quanto sappiamo che tale stato è identico QUALUNQUE SIA LO STIMOLO EMOTIGENO.
Noi percepiamo il cambio di stato e mentalmente inferiamo la presenza di uno stimolo emotigeno.
Lo stato fisico che si produce attiva in automatico la risposta motoria – ad esempio scappare oppure attaccare ma anche stare all’erta oppure provare ad avvicinarsi.
A questo punto noi percepiamo ANCHE la risposta motoria.
Il sentimento inizia a prendere forma
Adesso disponiamo consapevolmente delle seguenti informazioni: c’è uno stimolo emotigeno e questo stimolo emotigeno determina una reazione motoria, ad esempio fuga. Possiamo inferire che si tratti di paura. La conferma consapevole che si tratti di paura ci può derivare dallo stimolo emotigeno, che adesso siamo in grado di individuare all’interno del campo fenomenico.
Noi di fatto ricerchiamo attivamente uno stimolo emotigeno che sia compatibile con l’emozione paura.
Se nel campo fenomenico osservassimo tre cose: un albero, un altro individuo e una tigre, assoceremmo quest’ultima alla nostra emozione di paura – la tigre è stimolo emotigeno sufficiente per provare paura. Nel caso osservassimo un albero, un altro individuo e un televisore, molto probabilmente assoceremmo l’altro individuo alla paura. Infine, nel caso di un albero, un televisore e una chitarra, il nostro istinto di fuga verrebbe inibito oppure rallentato, in quanto non avrebbe rilevato uno stimolo emotigeno che abitualmente assoceremmo alla paura.
L’emozione è pertanto un insieme non casuale di reazioni neurobiochimiche e attività elettrica neuronale che il nostro cervello produce non appena rileva la presenza – tale o presunta – di uno stimolo non indifferente[7]. La sequenza affetto, emozione e sentimento è il fenomeno che include tanti sotto-fenomeni, tra cui per l’appunto affetti, emozioni e sentimenti.
In conclusione
Tali reazioni neurobiochimiche – come possono essere la sintesi del CRH, dell’ACTH, dei vari glucocorticoidi e delle catecolamine e successivamente il legame di questi ultimi due con i recettori e la sintesi proteica che ne scaturisce – determinano cambiamenti fisiologici generali che preparano il corpo a lottare oppure a fuggire. In funzione di alcune attività di tipo muscolare, come ad esempio l’aumento del battito cardiaco, l’aumento della pressione sanguigna e altre attività riconducibili all’attivazione del sistema simpatico, il soggetto ha coscienza o consapevolezza di tali attività ed in particolare del fatto che tali attività sono subentrate ad una condizione di non attività oppure che l’intensità di tali attività è aumentata oppure diminuita rispetto ad una condizione di attività precedente.
Tale coscienza o consapevolezza è quella che Antonio Damasio chiama sentimento (feeling).
È pertanto possibile che affetto, emozione e sentimento sono fenomeni a sé stanti e che sono apparsi durante il processo evolutivo con questa esatta sequenza.
[2] Con il lemma emotigeno si intende qualunque cosa, materiale oppure astratta, in grado di attivare la risposta emotiva. In inglese è detto stressor.
[3] Ramirez-Moreno, David. “A computational model for the modulation of the prepulse inhibition of the acoustic startle reflex”. Biological Cybernetics, 2012, p. 169
[4] P. A. Thoits, “The sociology of emotions”, Annu. Rev. Sociology, vol. 15, pp. 317-342, 1989.
[5] Il concetto di benessere va oltre il mero concetto di sopravvivenza, ma naturalmente senza escluderlo.
[6] In questo articolo parlo della differenza tra stati mentali e stati fisici, di fatto una non differenza, in quanto li ritengo la stessa cosa ma linguisticamente rappresentati da definizioni diverse.
[7] Con stimolo non indifferente possiamo indicare qualunque oggetto concreto oppure astratto che rappresenta per il soggetto una minaccia oppure una risorsa.
Mi chiamo Emanuele Fazio e sono uno psicologo. Aiuto le persone a vivere una vita più appagante e significativa, attraverso la riduzione dello stress e il miglioramento delle relazioni interpersonali.
Mi occupo dei disagi legati a:
° stati d’ansia e depressivi; ° stili di personalità non funzionali; ° bassa autostima; ° difficoltà relazionali al lavoro, a scuola, in famiglia e con il partner.
L’emozione è uno stato mentale e fisiologico determinato e associato a modificazioni psicologiche, a stimoli interni o esterni, naturali o appresi. Secondo la definizione della Associazione Psicologica Americana, un’emozione è un modello fenomenico complesso, di natura reattiva, che coinvolge varie esperienze soggettive, sia di natura fisica (comportamenti, riflessi, attivazione fisiologica) che psicologica (esperienza soggettiva, processi cognitivi), non sempre a livello consapevole. Si tratta di un modello funzionale, frutto dell’evoluzione, al fine di fronteggiare fenomeni o eventi con il quale un organismo entra costantemente in relazione significativa.
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In termini evolutivi, o darwiniani, la loro principale funzione consiste nel rendere più efficace la reazione dell’individuo a situazioni in cui si rende necessaria una risposta immediata ai fini della sopravvivenza, reazione che non utilizzi cioè processi cognitivi ed elaborazione cosciente. Secondo Antonio Damasio, le emozioni potrebbero non essere un semplice corollario ai processi cognitivi, ma evolutivamente la prima e per lungo tempo unica modalità di acquisire conoscenza circa l’ambiente che circonda l’organismo, con la finalità di consentire all’organismo di riorganizzare la propria struttura e/o le proprie funzioni e/o il proprio comportamento in funzione delle informazioni in entrata, che sono sempre e comunque convertite in reazioni biofisiche e biochimiche del nostro organismo (in primis il cervello). La cognizione rappresenta una modalità di rappresentazione di queste modificazioni biochimice e biofisiche, e che è sempre riducibile a sua volta ad attività biochimiche e biofisiche, tale per cui il comportamento risulta la determinante ultima di tutti questi processi. Le emozioni rivestono anche una funzione relazionale (comunicazione agli altri delle proprie reazioni psicofisiologiche) e una funzione autoregolativa (comprensione delle proprie modificazioni psicofisiologiche).
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La teoria e il modello teorico esplicativo proposto da Nico Frijda, descrive l’emozione come un fenomeno complesso, multicomponente, che predispone l’organismo ad una o più reazioni. Le componenti sono sei: la valutazione cognitiva, l’esperienza soggettiva, la propriocezione di una spinta ad agire e/o pensare, la reazione fisiologica del sistema nervoso simpatico, la mimica facciale (o espressione facciale delle emozioni) e infine la risposta comportamentale (o coping). Secondo il modello di Frijda, la componente principale è la propriocezione di una spinta ad agire e/o pensare, in quanto tale spinta è in grado di regolare efficacemente l’intero processo, il quale si conclude:
con la messa in atto della risposta più adattiva per il soggetto;
l’attribuzione di un nome all’emozione provata;
l’attivazione di tutti i processi cognitivi secondari.
Ad esempio, la propriocezione di una tensione muscolare intenzionale verso l’oggetto regola:
il comportamento di attacco;
l’attribuzione del termine “rabbia” alla propriocezione;
l’attivazione di tutti i processi cognitivi secondari (valutazione di ciò che si sta ottenendo per il tramite dell’attacco e valutazione di un cambio di strategia che ottimizzi i costi in funzione dei benefici, che potrebbero includere la fuga (cambio del termine in “paura”).
Il modello presenta molte affinità concettuali con quello proposto nel 1884 da William James
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La regolazione delle emozioni: il modello di James Gross
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di Emanuele Fazio
Il modello di regolazione delle emozioni di James Gross
Un modello teorico autorevole di regolazione delle emozioni è quello di processo, formulato da James Gross. Secondo questo modello la regolazione delle emozioni si riferirebbe ai processi attraverso i quali gli individui influenzano le emozioni vivono, quando le vivono, e come sperimentano ed esprimono queste emozioni. Il modello di processo non giudica le strategie di regolazione delle emozioni come “buone” o “cattive”, poiché esse possono essere considerate adattive o disadattive, a seconda del contesto e del risultato cui portano. Più nel dettaglio, James Gross ha definito la regolazione delle emozioni come una capacità umana espressa attraverso un processo che, partendo dalla presa d’atto cosciente di stare provando una precisa emozione, consente al soggetto di farne una completa esperienza soggettiva oltre alla attivazione e gestione delle azioni di controllo e monitoraggio del proprio comportamento (agito e/o pensato) e il conseguente riaggiornamento dell’esperienza soggettiva (feedback circolare dinamico).
James Gross ha individuato tre variabili che sono funzione del successo ottenuto nel processo di regolazione delle emozioni:
avere una utilità specifica e motivante (equivale alla risposta alla domanda: quanto utile risulterà adottare una strategia di regolazione delle emozioni?
la capacità di adozione efficace di una o più strategie tra quelle individuate da Gross e raccolte in cinque gruppi: selezione della situazione, modifica della situazione, distribuzione delle risorse attentive, ristrutturazione cognitiva e modulazione della risposta (equivale alla risposta alle domande: quanto sarò capace di adottare una strategia di regolazione? Saprò scegliere la più adatta? Quanto dipenderà dalla efficacia/efficienza della mia risposta e quanto dipenderà da fattori che non sono in alcun modo controllabili e quindi regolabili?
l’importanza accordata al risultato ottenuto o ottenibile (equivale alla domanda: il risultato che otterrò, migliorerà il mio benessere/attenuerà o eliminerà il mio malessere?
In particolare, l’attenzione di Gross si è concentrata su due particolari tecniche:
la riconsiderazione cognitiva (cognitive reappraisal), una delle strategie facente parte del gruppo “ristrutturazione cognitiva” e la soppressione (suppression) una delle strategie facente parte del gruppo “modulazione della risposta”. Diversi esperimenti condotti sia da Gross che da altri ricercatori hanno evidenziato che la riconsiderazione cognitiva risulterebbe più efficace della soppressione e che in molti casi la soppressione non produce risultati positivi. La ricerca però sembra suggerire che esistono strategie di regolazione emotiva tipicamente adattive e altre tendenzialmente disadattive. Tra le prime troviamo soprattutto la strategia della rivalutazione. La ricerca scientifica ha dimostrato che è possibile promuovere e potenziare lo sviluppo di queste funzioni, con correlate modificazioni al cervello e al sistema nervoso centrale, attraverso pratiche ed esercizi mirati sia nell’età evolutiva che nell’adulto. Tra queste pratiche, Gross ha posto una particolare enfasi sulla pratica mindfulness.
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Secondo la definizione della Associazione Psicologica Americana, le emozioni sono un modello fenomenico complesso, di natura reattiva, che coinvolge varie esperienze soggettive, sia di natura fisica (comportamenti, riflessi, attivazione fisiologica) che psicologica (esperienza soggettiva, processi cognitivi), non sempre a livello cosciente. Si tratta di un modello funzionale evolutosi per fronteggiare fenomeni o eventi con il quale un organismo entra costantemente in relazione significativa.
Deriva dal latino emotionem, a sua volta derivato dalla sostantivazione di emotus, participio passato del verbo emovere, nel significato di trasportare fuori, smuovere, scuotere (da cui anche “scosso”). Emovere è a sua volta composto dal prefisso e- nel significato di “da”, moto da luogo, e da movere, nel significato di agitare, muovere.
Caratteristiche delle emozioni
L’emozione ha effetto sugli aspetti cognitivi: può causare diminuzioni o miglioramenti nella capacità di concentrazione, confusione, smarrimento, allerta, e così via. Il volto e il linguaggio verbale possono quindi riflettere all’esterno le emozioni più profonde: una voce tremolante, un tono alterato, un sorriso solare, la fronte corrugata indicano la presenza di uno specifico stato emotivo.
Differenza tra emozione, sentimento, affetto e umore o stato d’animo
Damasio ha proposto la seguente differenziazione: l’emozione (emotion) è uno stato mentale in gran parte inconscio, originatosi quale reazione neurobiologica ad un determinato stimolo, per il tramite di una serie rapida di attivazioni e/o inibizioni sinaptiche che coinvolgono diverse aree del cervello, in particolare il sistema limbico e la corteccia prefrontale. La funzione è quella di predisporre l’organismo, fisicamente e psicologicamente, ad affrontare uno stimolo emotigeno. Tale predisposizione fa emergere tutta una serie di altri fenomeni, in primis sensazioni propriocettive corporee, che costituiscono la base dell’esperienza cosciente dell’emozione, e che Damasio chiama coscienza di base (core consciousness) oppure sensazione della sensazione/metasensazione (feeling of feeling).
Il sentimento
Un fenomeno intermedio è costituito dal sentimento (core feeling), non ancora cosciente e che si verifica durante l’emersione alla coscienza delle altre componenti: la valutazione cognitiva, l’esperienza soggettiva, la propriocezione di una spinta ad agire e/o pensare, la reazione fisiologica del sistema nervoso simpatico, la mimica facciale (o espressione facciale delle emozioni) e la risposta comportamentale (o coping).
Si differenziano quindi dai sentimenti e dagli stati d’animo, anche se questi termini vengono spesso usati indifferentemente nel senso comune.
A che servono le emozioni?
Secondo Antonio Damasio, le emozioni potrebbero non essere un semplice corollario ai processi cognitivi, ma evolutivamente la prima e per lungo tempo unica modalità di acquisire conoscenza circa l’ambiente che circonda l’organismo, con la finalità di consentire all’organismo di riorganizzare la propria struttura e/o le proprie funzioni e/o il proprio comportamento in funzione delle informazioni in entrata, che sono sempre e comunque convertite in reazioni biofisiche e biochimiche del nostro organismo (in primis il cervello). La cognizione rappresenta una modalità di rappresentazione di queste modificazioni biochimiche e biofisiche, e che è sempre riducibile a sua volta ad attività biochimiche e biofisiche, tale per cui il comportamento risulta la determinante ultima di tutti questi processi.
Le emozioni rivestono anche una funzione relazionale (comunicazione agli altri delle proprie reazioni psicofisiologiche) e una funzione autoregolativa (comprensione delle proprie modificazioni psicofisiologiche).
Classificazione delle emozioni
Le differenti emozioni dipendono dal significato o salienza attribuita dal soggetto allo stimolo, primariamente in funzione del tono affettivo (aversivo, appetitivo o un mix di entrambi) e dell’intensità.
Antonio Damasio, distingue due tipi di emozione: le emozioni primarie, che sono innate e preorganizzate e le emozioni secondarie, che sono elaborate dall’esperienza attraverso i circuiti del “come se”. Secondo Damasio, si possono avere delle reazioni emotive, delle quali però si è inconsapevoli, anche in assenza di modificazioni psicofisiologiche. Inoltre, “è possibile che siamo predisposti a rispondere con un’emozione, in modo preorganizzato, quando vengono percepite nel mondo esterno o nel nostro corpo – isolatamente o in combinazione – certe caratteristiche di stimoli, di cui sono esempi la dimensione (come per gli animali grossi); l’estensione (come per l’apertura alare dell’aquila); il tipo di movimento (come per i rettili); certi suoni (come il ringhio); certe configurazioni di stati del corpo (come il dolore che si avverte durante un attacco cardiaco)”.
Il ruolo dell’amigdala
L’amigdala elabora in parallelo gli stimoli prima detti e definisce una sorta di algoritmo che si associa ad un altro algoritmo (un meccanismo chiamato matching). Quest’ultimo algoritmo è di tipo disposizionale e man mano che il primo si delinea, si delinea anch’esso (molto simile come meccanismo a quello della scrittura predittiva o facilitata degli smartphone), iniziando ad allertare, pre-attivare e attivare aree e nuclei cerebrali preposti a funzioni cognitive, somato-sensoriali e motorie e che a sua volta determinano le emozioni secondarie. Dice Damasio: “Il sentire l’emozione diventa pertanto un fenomeno emergente quale insieme diverso dalla semplice somma delle parti, cioè quelle parti che autonomamente e con tempi di reazione/attivazione diversi sono intervenuti per un “primo intervento” e successivamente, anche grazie alla comunicazione a feedback circolare, affinano l’esperienza”.
Le teorie delle emozioni
Secondo la maggior parte delle teorie moderne, le emozioni sono un processo multi-componenziale, cioè articolato in più componenti e con un decorso temporale che evolve.
Cannon – Bard
Tra le tipologie di risposta o reazione vi sono i riflessi e per quanto attiene alla risposta a stimoli aversivi di elevata intensità, il riflesso principale è quello detto “reazione di attacco o fuga” (fight-or-flight response), concettualizzato negli anni venti del ventesimo secolo da proprio da Cannon e Bard.
James – Lange
James – Lange sta per William James e Carl Lange, quest’ultimo un medico danese. Essi condussero i loro studi senza che l’uno fosse a conoscenza del lavoro dell’altro. Nel capitolo 25 del suo “Principi di Psicologia” del 1890, James scrive: “I cambiamenti corporei seguono immediatamente la percezione dello stimolo emotigeno, e che la nostra sensazione di questi stessi cambiamenti mentre si stanno verificando È l’emozione”. Quindi, secondo James, la percezione non cosciente di un fenomeno emotigeno o stressorio – come ad esempio la comparsa di un serpente – determina una modifica fisiologica nel soggetto coinvolto. La prima percezione cosciente del soggetto non è la vista del serpente, ma la modifica fisiologica, che secondo James è specifica per quel tipo di emozione. A seguire, il soggetto abbina un nome alla modifica fisiologica e attribuisce la causa al serpente.
La sequenza dei fenomeni
La sequenza dei fenomeni è pertanto la seguente:
Stimolo avversivo colto dal sistema visivo con immediata risposta fisiologica preparatoria alla risposta più appropriata, che nel nostro caso è plausibilmente la fuga (il tutto senza consapevolezza del soggetto).
Propriocezione cosciente dell’attivazione della risposta fisiologica, che secondo James è specifica per quel tipo di emozione. Questo è il motivo per cui il soggetto comprende coscientemente che si tratta di paura senza il coinvolgimento di strutture della neocorteccia: la risposta fisiologica specifica per ogni tipo di emozione, in particolare per le emozioni di base, contiene già l’informazione “paura”.
Associazione della causa (il serpente) per emersione alla coscienza della visione: ho paura perché ho visto un serpente.
Nel modello di James, la risposta fisiologica preconscia è la risposta riflessa di fuga – come sarà successivamente chiamata da Cannon – e quindi avviene prima che il soggetto abbia contezza cosciente del pericolo. Come dire: il soggetto inizia a scappare senza ancora sapere coscientemente il perché. Per James, la risposta fisiologica è sufficiente a fornire le basi per l’esperienza soggettiva cosciente dell’emozione. L’attribuzione cosciente della causa completa l’esperienza.
La teoria dell’emozione costruita di Lisa Feldman Barrett[
Secondo la teoria della Feldman Barrett, le emozioni vengono prodotte dal nostro cervello per il tramite di una procedura facilitata (quasi una sorta di funzione T9) che si attiva tutte le volte che vi è necessità, una funzione o processo di codifica predittiva o elaborazione predittiva che nell’ambito delle neuroscienze è modellizzato postulando che il cervello genera continuamente modelli dell’ambiente in risposta a possibili stimoli che da quest’ultimo potrebbero arrivare alla percezione, in aggiunta oppure in sostituzione di effettivi stimoli.
Per la Feldman Barrett, gli individui, piuttosto che fare esperienza di emozioni discrete e già classificate come paura, gioia o rabbia, fanno esperienza di stati affettivi grezzi sui quali poi inferiscono propri stati mentali e a cui attribuiscono etichette discrete, come appunto paura, gioia o rabbia. Tutto ciò avviene grazie alla attivazione di numerosi network neurali, che concorrono all’esperienza affettiva e determinano la personale costruzione dell’esperienza emotiva complessa. Le emozioni non sono pertanto né di base, né innate, e nemmeno apprese. Sono fenomeni emergenti che si determinano in funzione di fattori prevalentemente socio-culturali. Dice la Feldman Barrett: “Durante ogni istante della fase di veglia, il tuo cervello utilizza l’esperienza passata (organizzata in concetti) la quale guida le tue azioni e dà significato alle tue sensazioni. Quando i concetti utilizzati sono concetti associati a stati affettivi, il tuo cervello fa l’esperienza soggettiva di ciò che chiamiamo emozione”.
La teoria multi-componenziale di Nico Henri Frijda
La teoria e il modello teorico esplicativo proposto da Frijda, descrive l’emozione come un fenomeno complesso, multicomponente, che predispone l’organismo ad una o più reazioni. Le componenti sono sei: la valutazione cognitiva, l’esperienza soggettiva, la propriocezione di una spinta ad agire e/o pensare, la reazione fisiologica del sistema nervoso simpatico, la mimica facciale (o espressione facciale delle emozioni) e infine la risposta comportamentale (o coping). Secondo il modello di Frijda, la componente principale è la propriocezione di una spinta ad agire e/o pensare, in quanto tale spinta è in grado di regolare efficacemente l’intero processo, il quale si conclude:
con la messa in atto della risposta più adattiva per il soggetto;
l’attribuzione di un nome all’emozione provata;
l’attivazione di tutti i processi cognitivi secondari.
Ad esempio, la propriocezione di una tensione muscolare intenzionale verso l’oggetto regola:
il comportamento di attacco;
l’attribuzione del termine “rabbia” alla propriocezione;
l’attivazione di tutti i processi cognitivi secondari (valutazione di ciò che si sta ottenendo per il tramite dell’attacco e valutazione di un cambio di strategia che ottimizzi i costi in funzione dei benefici, che potrebbero includere la fuga (cambio del termine in “paura”).
Il modello presenta molte affinità concettuali con quello proposto nel 1884 da William James.
La regolazione delle emozioni
Un elemento fondamentale delle emozioni è la loro regolazione. Per regolazione delle emozioni si intende in generale l’insieme dei processi attraverso cui sono modulate le emozioni in noi stessi e negli altri. La regolazione delle emozioni e l’autocontrollo sono funzioni cruciali per affrontare efficacemente le complesse dinamiche degli stimoli ambientali, delle relazioni con gli altri e degli stessi processi psichici, costituendo il principale ingrediente del benessere fisico e psicologico.
James Gross
Un modello teorico autorevole di regolazione delle emozioni è quello di processo, formulato da Gross.
Rielaborazione del modello del processo di regolazione emotiva di J. Gross (1998, 2002)
Secondo questo modello la regolazione delle emozioni si riferirebbe ai processi attraverso i quali gli individui influenzano le emozioni vivono, quando le vivono, e come sperimentano ed esprimono queste emozioni. Il modello di processo non giudica le strategie di regolazione delle emozioni come “buone” o “cattive”, poiché esse possono essere considerate adattive o disadattive, a seconda del contesto e del risultato cui portano.
Più nel dettaglio, James J. Gross ha definito la regolazione delle emozioni come una capacità umana espressa attraverso un processo che, partendo dalla presa d’atto cosciente di stare provando una precisa emozione, consente al soggetto di farne una completa esperienza soggettiva oltre alla attivazione e gestione delle azioni di controllo e monitoraggio del proprio comportamento (agito e/o pensato) e il conseguente riaggiornamento dell’esperienza soggettiva (feedback circolare dinamico).
Le variabili di Gross
Gross ha individuato tre variabili che sono funzione del successo ottenuto nel processo di regolazione delle emozioni:
avere una utilità specifica e motivante (equivale alla risposta alla domanda: quanto utile risulterà adottare una strategia di regolazione delle emozioni?
la capacità di adozione efficace di una o più strategie tra quelle individuate da Gross e raccolte in cinque gruppi: selezione della situazione, modifica della situazione, distribuzione delle risorse attentive, ristrutturazione cognitiva e modulazione della risposta (equivale alla risposta alle domande: quanto sarò capace di adottare una strategia di regolazione? Saprò scegliere la più adatta? Quanto dipenderà dalla efficacia/efficienza della mia risposta e quanto dipenderà da fattori che non sono in alcun modo controllabili e quindi regolabili?
l’importanza accordata al risultato ottenuto o ottenibile (equivale alla domanda: il risultato che otterrò, migliorerà il mio benessere/attenuerà o eliminerà il mio malessere?
Riconsiderazione cognitiva e soppressione
In particolare, l’attenzione di Gross si è concentrata su due particolari tecniche: la riconsiderazione cognitiva (cognitive reappraisal), una delle strategie facente parte del gruppo “ristrutturazione cognitiva” e la soppressione (suppression) una delle strategie facente parte del gruppo “modulazione della risposta”. Diversi esperimenti condotti sia da Gross che da altri ricercatori hanno evidenziato che la riconsiderazione cognitiva risulterebbe più efficace della soppressione e che in molti casi la soppressione non produce risultati positivi.
La ricerca però sembra suggerire che esistono strategie di regolazione emotiva tipicamente adattive e altre tendenzialmente disadattive. Tra le prime troviamo soprattutto la strategia della rivalutazione. La ricerca scientifica ha dimostrato che è possibile promuovere e potenziare lo sviluppo di queste funzioni, con correlate modificazioni al cervello e al sistema nervoso centrale, attraverso pratiche ed esercizi mirati sia nell’età evolutiva che nell’adulto.Tra queste pratiche, Gross ha posto una particolare enfasi sulla pratica mindfulness.
Parkinson e Totterdell
Secondo il modello proposto da Parkinson e Totterdell, le strategie di regolazione emotiva sono classificabili in funzione del tipo di strategia (cognitiva o comportamentale) e del riflesso che le sottende (fuga oppure attacco), in quest’ultima dimensione distinguendo a sua volta tra modalità diverse. La seguente tabella esemplifica il modello:
Strategia cognitiva
Strategia comportamentale
Fuga per distacco
Auto-ottundimento cognitivo: ridurre l’attività di pensiero tout court (una delle strategie di redistribuzione delle risorse attentive di Gross – 3° strategia)
Evitamento fisico del fattore emotigeno (una delle strategie di selezione della situazione di Gross – 1° strategia)
Fuga per distrazione
Auto-ottundimento cognitivo specifico: ridurre l’attività di pensiero solo in riferimento al fattore emotigeno (una delle strategie di redistribuzione delle risorse attentive di Gross – 3° strategia)
In presenza del fattore emotigeno, distrarsi. Fare finta che il fattore non c’è ovvero che è innocuo (una delle strategie di redistribuzione delle risorse attentive di Gross – 3° strategia) oppure non manifestare l’emozione o soppressione (una delle strategie di modulazione della risposta di Gross – 5° strategia)
Attacco al fattore emotigeno
Riconsiderazione cognitiva/cognitive reappaisal (una delle strategie della ristrutturazione cognitiva di Gross – 4° strategia)
Manifestare l’emozione (una delle strategie di modulazione della risposta di Gross – 5° strategia)
Attacco alla situazione che
contiene il fattore emotigeno
Avviare e sostenere il processo di problem solving (una delle strategie di modifica della situazione di Gross – 2° strategia)
Agire concretamente sul problema (una delle strategie di modifica della situazione di Gross – 2° strategia)
Richard Lazarus
La teoria delle emozioni di R. Lazarus postula che un’emozione è la risultante dinamica di quattro processi distinti ma interdipendenti: valutazione, fronteggiamento, flusso di azioni e reazioni e attribuzione di significato alla relazione tra soggetto e oggetto (detto anche significato relazionale). parte dalla premessa che la funzione fondamentale delle emozioni è quella di segnalare se un dato comportamento è adatto all’ambiente, anche in funzione del mantenimento di uno stato di benessere e al pieno soddisfacimento dei nostri bisogni.
Le emozioni facilitano o compromettono le relazioni interpersonali, soprattutto quelle intime. La rabbia può prevalere sulla tolleranza e portare a ritorsioni. Il senso di colpa e l’ansia possono minare la determinazione a realizzare qualcosa o ad affermare se stessi.
Il coping
Non c’è abilità di coping più utile come quella di sapere affrontare le relazioni interpersonali, specialmente quando queste relazioni sono travagliate. Anche se pensiamo di aver compreso il tipo di emozione che stiamo provando e cosa l’ha generata, spesso sbagliamo ad attribuire la sua causa e/o altrettanto spesso sbagliamo a stabilire il tipo di emozione che stiamo provando, e tutte le altre combinazioni che è possibile ricavare.
Una caratteristica fondamentale delle emozioni è che spesso sono difficili da controllare, specialmente quando sono intense. La regolazione delle emozioni è una delle funzioni del coping.
La valutazione
La valutazione (appraising) è un processo cognitivo che consiste nella valutazione della natura e del significato di un fenomeno, che è poi la relazione che si instaura tra il soggetto e l’oggetto. Avviene in due momenti distinti, che Lazarus chiama primaria e secondaria. La primaria corrisponde ad una prima valutazione, in genere automatica, della rilevanza o salienza di ciò che sta accadendo attorno al soggetto. Il soggetto non ha ancora piena contezza di ciò che sta accadendo ma ha già valutato la situazione come potenzialmente minacciosa oppure che ha già prodotto un danno oppure se rappresenta una opportunità da cogliere. La secondaria corrisponde alla valutazione che il soggetto fa circa la propria capacità di fronteggiare non la situazione attuale (coping) bensì la propria capacità di fronteggiare la situazione potenziale futura (potential coping) che si determinerebbe in funzione del primo fronteggiamento.
Ancora sul coping
Il fronteggiamento (coping) è un processo cognitivo e comportamentale di tipo strategico e pertanto finalizzato ad un obiettivo intenzionalmente diretto verso il soggetto oppure l’oggetto al fine di modificare la relazione e la rivalutazione della stessa.
Il flusso di azioni e reazioni (flow of actions and reactions) è essenzialmente un processo comportamentale, fisico e verbale, osservabile oppure inferibile, che recluta abilità come l’empatia e la mentalizzazione.
I temi relazionali fondamentali sono i significati che il soggetto attribuisce all’algoritmo relazionale che di volta in volta si determina nel flusso di azioni e reazioni. I temi relazionali fondamentali sono l’outcome del processo di attribuzione di significato alla relazione tra soggetto e oggetto (detto anche significato relazionale o relational meaning). Le tre componenti individuate da Lazarus e che costituiscono i temi relazionali fondamentali sono:
il coping potential (diverso dal coping);
il coinvolgimento dell’Io;
l’importanza dell’obiettivo da raggiungere.
Lazarus postula che i temi relazionali fondamentali rappresentino le determinanti prossimali delle emozioni. Abbiamo tanti temi relazionali fondamentali quante sono le emozioni fondamentali, che Lazarus indica nel numero di quindici.
Le emozioni fondamentali
Le 15 emozioni fondamentali secondo Lazarus sono: rabbia, ansia, paura, colpa, vergogna, tristezza, invidia, gelosia, disgusto, felicità, orgoglio, sollievo, speranza, amore e compassione. Ad esempio: la rabbia ha come tema relazionale fondamentale un’offesa umiliante diretta al soggetto o a qualcuno/qualcosa che è caro al soggetto. Il riflesso/impulso/comportamento associato è l’aggressione (attacco).
La sregolatezza emotiva
La sregolatezza emotiva è stata definita come l’incapacità di incrementare, mantenere o diminuire le emozioni negative o positive, con il risultato di rendere difficoltoso oppure impossibile il raggiungimento di un obiettivo desiderato ovvero l’adattamento psicofisico e specie-specifico alle situazioni socio-ambientali che si determinano attorno al soggetto. Si tratta di risposte inappropriate data la valenza dello stimolo e/o il contesto. Alcuni esempi sono l’eccesso d’ira, i timori infondati, il non riuscire a riconoscere e a cogliere le buone opportunità, il manifestare gioia in contesti inappropriati.
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Indice
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Etimologia
Deriva dal latino emotionem, a sua volta derivato dalla sostantivazione di emotus, participio passato del verbo emovere, nel significato di trasportare fuori, smuovere, scuotere (da cui anche “scosso”). Emovere è a sua volta composto dal prefisso e- nel significato di “da”, moto da luogo, e da movere, nel significato di agitare, muovere.
Caratteristiche delle emozioni
L’emozione ha effetto sugli aspetti cognitivi: può causare diminuzioni o miglioramenti nella capacità di concentrazione, confusione, smarrimento, allerta, e così via. Il volto e il linguaggio verbale possono quindi riflettere all’esterno le emozioni più profonde: una voce tremolante, un tono alterato, un sorriso solare, la fronte corrugata indicano la presenza di uno specifico stato emotivo.
Differenza tra emozione, sentimento, affetto e umore o stato d’animo
Damasio ha proposto la seguente differenziazione: l’emozione (emotion) è uno stato mentale in gran parte inconscio, originatosi quale reazione neurobiologica ad un determinato stimolo, per il tramite di una serie rapida di attivazioni e/o inibizioni sinaptiche che coinvolgono diverse aree del cervello, in particolare il sistema limbico e la corteccia prefrontale. La funzione è quella di predisporre l’organismo, fisicamente e psicologicamente, ad affrontare uno stimolo emotigeno. Tale predisposizione fa emergere tutta una serie di altri fenomeni, in primis sensazioni propriocettive corporee, che costituiscono la base dell’esperienza cosciente dell’emozione, e che Damasio chiama coscienza di base (core consciousness) oppure sensazione della sensazione/metasensazione (feeling of feeling).
Il sentimento
Un fenomeno intermedio è costituito dal sentimento (core feeling), non ancora cosciente e che si verifica durante l’emersione alla coscienza delle altre componenti: la valutazione cognitiva, l’esperienza soggettiva, la propriocezione di una spinta ad agire e/o pensare, la reazione fisiologica del sistema nervoso simpatico, la mimica facciale (o espressione facciale delle emozioni) e la risposta comportamentale (o coping).
Si differenziano quindi dai sentimenti e dagli stati d’animo, anche se questi termini vengono spesso usati indifferentemente nel senso comune.
A che servono le emozioni?
Secondo Antonio Damasio, le emozioni potrebbero non essere un semplice corollario ai processi cognitivi, ma evolutivamente la prima e per lungo tempo unica modalità di acquisire conoscenza circa l’ambiente che circonda l’organismo, con la finalità di consentire all’organismo di riorganizzare la propria struttura e/o le proprie funzioni e/o il proprio comportamento in funzione delle informazioni in entrata, che sono sempre e comunque convertite in reazioni biofisiche e biochimiche del nostro organismo (in primis il cervello). La cognizione rappresenta una modalità di rappresentazione di queste modificazioni biochimiche e biofisiche, e che è sempre riducibile a sua volta ad attività biochimiche e biofisiche, tale per cui il comportamento risulta la determinante ultima di tutti questi processi.
Le emozioni rivestono anche una funzione relazionale (comunicazione agli altri delle proprie reazioni psicofisiologiche) e una funzione autoregolativa (comprensione delle proprie modificazioni psicofisiologiche).
Classificazione delle emozioni
Le differenti emozioni dipendono dal significato o salienza attribuita dal soggetto allo stimolo, primariamente in funzione del tono affettivo (aversivo, appetitivo o un mix di entrambi) e dell’intensità.
Antonio Damasio, distingue due tipi di emozione: le emozioni primarie, che sono innate e preorganizzate e le emozioni secondarie, che sono elaborate dall’esperienza attraverso i circuiti del “come se”. Secondo Damasio, si possono avere delle reazioni emotive, delle quali però si è inconsapevoli, anche in assenza di modificazioni psicofisiologiche. Inoltre, “è possibile che siamo predisposti a rispondere con un’emozione, in modo preorganizzato, quando vengono percepite nel mondo esterno o nel nostro corpo – isolatamente o in combinazione – certe caratteristiche di stimoli, di cui sono esempi la dimensione (come per gli animali grossi); l’estensione (come per l’apertura alare dell’aquila); il tipo di movimento (come per i rettili); certi suoni (come il ringhio); certe configurazioni di stati del corpo (come il dolore che si avverte durante un attacco cardiaco)”.
Il ruolo dell’amigdala
L’amigdala elabora in parallelo gli stimoli prima detti e definisce una sorta di algoritmo che si associa ad un altro algoritmo (un meccanismo chiamato matching). Quest’ultimo algoritmo è di tipo disposizionale e man mano che il primo si delinea, si delinea anch’esso (molto simile come meccanismo a quello della scrittura predittiva o facilitata degli smartphone), iniziando ad allertare, pre-attivare e attivare aree e nuclei cerebrali preposti a funzioni cognitive, somato-sensoriali e motorie e che a sua volta determinano le emozioni secondarie. Dice Damasio: “Il sentire l’emozione diventa pertanto un fenomeno emergente quale insieme diverso dalla semplice somma delle parti, cioè quelle parti che autonomamente e con tempi di reazione/attivazione diversi sono intervenuti per un “primo intervento” e successivamente, anche grazie alla comunicazione a feedback circolare, affinano l’esperienza”.
Le teorie delle emozioni
Secondo la maggior parte delle teorie moderne, le emozioni sono un processo multi-componenziale, cioè articolato in più componenti e con un decorso temporale che evolve.
Cannon – Bard
Tra le tipologie di risposta o reazione vi sono i riflessi e per quanto attiene alla risposta a stimoli aversivi di elevata intensità, il riflesso principale è quello detto “reazione di attacco o fuga” (fight-or-flight response), concettualizzato negli anni venti del ventesimo secolo da proprio da Cannon e Bard.
James – Lange
James – Lange sta per William James e Carl Lange, quest’ultimo un medico danese. Essi condussero i loro studi senza che l’uno fosse a conoscenza del lavoro dell’altro. Nel capitolo 25 del suo “Principi di Psicologia” del 1890, James scrive: “I cambiamenti corporei seguono immediatamente la percezione dello stimolo emotigeno, e che la nostra sensazione di questi stessi cambiamenti mentre si stanno verificando È l’emozione”. Quindi, secondo James, la percezione non cosciente di un fenomeno emotigeno o stressorio – come ad esempio la comparsa di un serpente – determina una modifica fisiologica nel soggetto coinvolto. La prima percezione cosciente del soggetto non è la vista del serpente, ma la modifica fisiologica, che secondo James è specifica per quel tipo di emozione. A seguire, il soggetto abbina un nome alla modifica fisiologica e attribuisce la causa al serpente.
La sequenza dei fenomeni
La sequenza dei fenomeni è pertanto la seguente:
Stimolo avversivo colto dal sistema visivo con immediata risposta fisiologica preparatoria alla risposta più appropriata, che nel nostro caso è plausibilmente la fuga (il tutto senza consapevolezza del soggetto).
Propriocezione cosciente dell’attivazione della risposta fisiologica, che secondo James è specifica per quel tipo di emozione. Questo è il motivo per cui il soggetto comprende coscientemente che si tratta di paura senza il coinvolgimento di strutture della neocorteccia: la risposta fisiologica specifica per ogni tipo di emozione, in particolare per le emozioni di base, contiene già l’informazione “paura”.
Associazione della causa (il serpente) per emersione alla coscienza della visione: ho paura perché ho visto un serpente.
Nel modello di James, la risposta fisiologica preconscia è la risposta riflessa di fuga – come sarà successivamente chiamata da Cannon – e quindi avviene prima che il soggetto abbia contezza cosciente del pericolo. Come dire: il soggetto inizia a scappare senza ancora sapere coscientemente il perché. Per James, la risposta fisiologica è sufficiente a fornire le basi per l’esperienza soggettiva cosciente dell’emozione. L’attribuzione cosciente della causa completa l’esperienza.
La teoria dell’emozione costruita di Lisa Feldman Barrett[
Secondo la teoria della Feldman Barrett, le emozioni vengono prodotte dal nostro cervello per il tramite di una procedura facilitata (quasi una sorta di funzione T9) che si attiva tutte le volte che vi è necessità, una funzione o processo di codifica predittiva o elaborazione predittiva che nell’ambito delle neuroscienze è modellizzato postulando che il cervello genera continuamente modelli dell’ambiente in risposta a possibili stimoli che da quest’ultimo potrebbero arrivare alla percezione, in aggiunta oppure in sostituzione di effettivi stimoli.
Per la Feldman Barrett, gli individui, piuttosto che fare esperienza di emozioni discrete e già classificate come paura, gioia o rabbia, fanno esperienza di stati affettivi grezzi sui quali poi inferiscono propri stati mentali e a cui attribuiscono etichette discrete, come appunto paura, gioia o rabbia. Tutto ciò avviene grazie alla attivazione di numerosi network neurali, che concorrono all’esperienza affettiva e determinano la personale costruzione dell’esperienza emotiva complessa. Le emozioni non sono pertanto né di base, né innate, e nemmeno apprese. Sono fenomeni emergenti che si determinano in funzione di fattori prevalentemente socio-culturali. Dice la Feldman Barrett: “Durante ogni istante della fase di veglia, il tuo cervello utilizza l’esperienza passata (organizzata in concetti) la quale guida le tue azioni e dà significato alle tue sensazioni. Quando i concetti utilizzati sono concetti associati a stati affettivi, il tuo cervello fa l’esperienza soggettiva di ciò che chiamiamo emozione”.
La teoria multi-componenziale di Nico Henri Frijda
La teoria e il modello teorico esplicativo proposto da Frijda, descrive l’emozione come un fenomeno complesso, multicomponente, che predispone l’organismo ad una o più reazioni. Le componenti sono sei: la valutazione cognitiva, l’esperienza soggettiva, la propriocezione di una spinta ad agire e/o pensare, la reazione fisiologica del sistema nervoso simpatico, la mimica facciale (o espressione facciale delle emozioni) e infine la risposta comportamentale (o coping). Secondo il modello di Frijda, la componente principale è la propriocezione di una spinta ad agire e/o pensare, in quanto tale spinta è in grado di regolare efficacemente l’intero processo, il quale si conclude:
con la messa in atto della risposta più adattiva per il soggetto;
l’attribuzione di un nome all’emozione provata;
l’attivazione di tutti i processi cognitivi secondari.
Ad esempio, la propriocezione di una tensione muscolare intenzionale verso l’oggetto regola:
il comportamento di attacco;
l’attribuzione del termine “rabbia” alla propriocezione;
l’attivazione di tutti i processi cognitivi secondari (valutazione di ciò che si sta ottenendo per il tramite dell’attacco e valutazione di un cambio di strategia che ottimizzi i costi in funzione dei benefici, che potrebbero includere la fuga (cambio del termine in “paura”).
Il modello presenta molte affinità concettuali con quello proposto nel 1884 da William James.
La regolazione delle emozioni
Un elemento fondamentale delle emozioni è la loro regolazione. Per regolazione delle emozioni si intende in generale l’insieme dei processi attraverso cui sono modulate le emozioni in noi stessi e negli altri. La regolazione delle emozioni e l’autocontrollo sono funzioni cruciali per affrontare efficacemente le complesse dinamiche degli stimoli ambientali, delle relazioni con gli altri e degli stessi processi psichici, costituendo il principale ingrediente del benessere fisico e psicologico.
James Gross
Un modello teorico autorevole di regolazione delle emozioni è quello di processo, formulato da Gross.
Rielaborazione del modello del processo di regolazione emotiva di J. Gross (1998, 2002)
Secondo questo modello la regolazione delle emozioni si riferirebbe ai processi attraverso i quali gli individui influenzano le emozioni vivono, quando le vivono, e come sperimentano ed esprimono queste emozioni. Il modello di processo non giudica le strategie di regolazione delle emozioni come “buone” o “cattive”, poiché esse possono essere considerate adattive o disadattive, a seconda del contesto e del risultato cui portano.
Più nel dettaglio, James J. Gross ha definito la regolazione delle emozioni come una capacità umana espressa attraverso un processo che, partendo dalla presa d’atto cosciente di stare provando una precisa emozione, consente al soggetto di farne una completa esperienza soggettiva oltre alla attivazione e gestione delle azioni di controllo e monitoraggio del proprio comportamento (agito e/o pensato) e il conseguente riaggiornamento dell’esperienza soggettiva (feedback circolare dinamico).
Le variabili di Gross
Gross ha individuato tre variabili che sono funzione del successo ottenuto nel processo di regolazione delle emozioni:
avere una utilità specifica e motivante (equivale alla risposta alla domanda: quanto utile risulterà adottare una strategia di regolazione delle emozioni?
la capacità di adozione efficace di una o più strategie tra quelle individuate da Gross e raccolte in cinque gruppi: selezione della situazione, modifica della situazione, distribuzione delle risorse attentive, ristrutturazione cognitiva e modulazione della risposta (equivale alla risposta alle domande: quanto sarò capace di adottare una strategia di regolazione? Saprò scegliere la più adatta? Quanto dipenderà dalla efficacia/efficienza della mia risposta e quanto dipenderà da fattori che non sono in alcun modo controllabili e quindi regolabili?
l’importanza accordata al risultato ottenuto o ottenibile (equivale alla domanda: il risultato che otterrò, migliorerà il mio benessere/attenuerà o eliminerà il mio malessere?
Riconsiderazione cognitiva e soppressione
In particolare, l’attenzione di Gross si è concentrata su due particolari tecniche: la riconsiderazione cognitiva (cognitive reappraisal), una delle strategie facente parte del gruppo “ristrutturazione cognitiva” e la soppressione (suppression) una delle strategie facente parte del gruppo “modulazione della risposta”. Diversi esperimenti condotti sia da Gross che da altri ricercatori hanno evidenziato che la riconsiderazione cognitiva risulterebbe più efficace della soppressione e che in molti casi la soppressione non produce risultati positivi.
La ricerca però sembra suggerire che esistono strategie di regolazione emotiva tipicamente adattive e altre tendenzialmente disadattive. Tra le prime troviamo soprattutto la strategia della rivalutazione. La ricerca scientifica ha dimostrato che è possibile promuovere e potenziare lo sviluppo di queste funzioni, con correlate modificazioni al cervello e al sistema nervoso centrale, attraverso pratiche ed esercizi mirati sia nell’età evolutiva che nell’adulto.Tra queste pratiche, Gross ha posto una particolare enfasi sulla pratica mindfulness.
Parkinson e Totterdell
Secondo il modello proposto da Parkinson e Totterdell, le strategie di regolazione emotiva sono classificabili in funzione del tipo di strategia (cognitiva o comportamentale) e del riflesso che le sottende (fuga oppure attacco), in quest’ultima dimensione distinguendo a sua volta tra modalità diverse. La seguente tabella esemplifica il modello:
Strategia cognitiva
Strategia comportamentale
Fuga per distacco
Auto-ottundimento cognitivo: ridurre l’attività di pensiero tout court (una delle strategie di redistribuzione delle risorse attentive di Gross – 3° strategia)
Evitamento fisico del fattore emotigeno (una delle strategie di selezione della situazione di Gross – 1° strategia)
Fuga per distrazione
Auto-ottundimento cognitivo specifico: ridurre l’attività di pensiero solo in riferimento al fattore emotigeno (una delle strategie di redistribuzione delle risorse attentive di Gross – 3° strategia)
In presenza del fattore emotigeno, distrarsi. Fare finta che il fattore non c’è ovvero che è innocuo (una delle strategie di redistribuzione delle risorse attentive di Gross – 3° strategia) oppure non manifestare l’emozione o soppressione (una delle strategie di modulazione della risposta di Gross – 5° strategia)
Attacco al fattore emotigeno
Riconsiderazione cognitiva/cognitive reappaisal (una delle strategie della ristrutturazione cognitiva di Gross – 4° strategia)
Manifestare l’emozione (una delle strategie di modulazione della risposta di Gross – 5° strategia)
Attacco alla situazione che
contiene il fattore emotigeno
Avviare e sostenere il processo di problem solving (una delle strategie di modifica della situazione di Gross – 2° strategia)
Agire concretamente sul problema (una delle strategie di modifica della situazione di Gross – 2° strategia)
Richard Lazarus
La teoria delle emozioni di R. Lazarus postula che un’emozione è la risultante dinamica di quattro processi distinti ma interdipendenti: valutazione, fronteggiamento, flusso di azioni e reazioni e attribuzione di significato alla relazione tra soggetto e oggetto (detto anche significato relazionale). parte dalla premessa che la funzione fondamentale delle emozioni è quella di segnalare se un dato comportamento è adatto all’ambiente, anche in funzione del mantenimento di uno stato di benessere e al pieno soddisfacimento dei nostri bisogni.
Le emozioni facilitano o compromettono le relazioni interpersonali, soprattutto quelle intime. La rabbia può prevalere sulla tolleranza e portare a ritorsioni. Il senso di colpa e l’ansia possono minare la determinazione a realizzare qualcosa o ad affermare se stessi.
Il coping
Non c’è abilità di coping più utile come quella di sapere affrontare le relazioni interpersonali, specialmente quando queste relazioni sono travagliate. Anche se pensiamo di aver compreso il tipo di emozione che stiamo provando e cosa l’ha generata, spesso sbagliamo ad attribuire la sua causa e/o altrettanto spesso sbagliamo a stabilire il tipo di emozione che stiamo provando, e tutte le altre combinazioni che è possibile ricavare.
Una caratteristica fondamentale delle emozioni è che spesso sono difficili da controllare, specialmente quando sono intense. La regolazione delle emozioni è una delle funzioni del coping.
La valutazione
La valutazione (appraising) è un processo cognitivo che consiste nella valutazione della natura e del significato di un fenomeno, che è poi la relazione che si instaura tra il soggetto e l’oggetto. Avviene in due momenti distinti, che Lazarus chiama primaria e secondaria. La primaria corrisponde ad una prima valutazione, in genere automatica, della rilevanza o salienza di ciò che sta accadendo attorno al soggetto. Il soggetto non ha ancora piena contezza di ciò che sta accadendo ma ha già valutato la situazione come potenzialmente minacciosa oppure che ha già prodotto un danno oppure se rappresenta una opportunità da cogliere. La secondaria corrisponde alla valutazione che il soggetto fa circa la propria capacità di fronteggiare non la situazione attuale (coping) bensì la propria capacità di fronteggiare la situazione potenziale futura (potential coping) che si determinerebbe in funzione del primo fronteggiamento.
Ancora sul coping
Il fronteggiamento (coping) è un processo cognitivo e comportamentale di tipo strategico e pertanto finalizzato ad un obiettivo intenzionalmente diretto verso il soggetto oppure l’oggetto al fine di modificare la relazione e la rivalutazione della stessa.
Il flusso di azioni e reazioni (flow of actions and reactions) è essenzialmente un processo comportamentale, fisico e verbale, osservabile oppure inferibile, che recluta abilità come l’empatia e la mentalizzazione.
I temi relazionali fondamentali sono i significati che il soggetto attribuisce all’algoritmo relazionale che di volta in volta si determina nel flusso di azioni e reazioni. I temi relazionali fondamentali sono l’outcome del processo di attribuzione di significato alla relazione tra soggetto e oggetto (detto anche significato relazionale o relational meaning). Le tre componenti individuate da Lazarus e che costituiscono i temi relazionali fondamentali sono:
il coping potential (diverso dal coping);
il coinvolgimento dell’Io;
l’importanza dell’obiettivo da raggiungere.
Lazarus postula che i temi relazionali fondamentali rappresentino le determinanti prossimali delle emozioni. Abbiamo tanti temi relazionali fondamentali quante sono le emozioni fondamentali, che Lazarus indica nel numero di quindici.
Le emozioni fondamentali
Le 15 emozioni fondamentali secondo Lazarus sono: rabbia, ansia, paura, colpa, vergogna, tristezza, invidia, gelosia, disgusto, felicità, orgoglio, sollievo, speranza, amore e compassione. Ad esempio: la rabbia ha come tema relazionale fondamentale un’offesa umiliante diretta al soggetto o a qualcuno/qualcosa che è caro al soggetto. Il riflesso/impulso/comportamento associato è l’aggressione (attacco).
La sregolatezza emotiva
La sregolatezza emotiva è stata definita come l’incapacità di incrementare, mantenere o diminuire le emozioni negative o positive, con il risultato di rendere difficoltoso oppure impossibile il raggiungimento di un obiettivo desiderato ovvero l’adattamento psicofisico e specie-specifico alle situazioni socio-ambientali che si determinano attorno al soggetto. Si tratta di risposte inappropriate data la valenza dello stimolo e/o il contesto. Alcuni esempi sono l’eccesso d’ira, i timori infondati, il non riuscire a riconoscere e a cogliere le buone opportunità, il manifestare gioia in contesti inappropriati.