Categoria: Filosofia della mente

La filosofia della mente è quella branca della filosofia a cavallo tra filosofia teoretica e metafisica che si domanda e cerca di dare una risposta circa la natura dei fenomeni mentali, cioè come si determinano e cosa li caratterizza, e ancora più in particolare si domanda e cerca di dare una risposta sul perché e in che modo tali fenomeni mentali entrano in contatto con il mondo fisico, soprattutto con quel particolare oggetto del mondo fisico che è il nostro corpo.

  • La relazione tra pensiero e linguaggio

    La relazione tra pensiero e linguaggio

    Filosofia della mente

    La relazione tra pensiero e linguaggio

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    di Emanuele Fazio

    La relazione tra pensiero e linguaggio

    La relazione tra pensiero e linguaggio è come la relazione tra mente e cervello, quest’ultima anche nota come problema mente-corpo, in quanto il cervello è il corpo. Ecco pertanto il problema pensiero-linguaggio.
    Si tratta in entrambi i casi di una relazione tra un processo mentale e un processo fisico. Le scienze umane hanno prodotto sei approcci al problema mente-corpo, che è possibile adottare anche per il problema pensiero-linguaggio.

    Emanuele Fazio
    Psicologo a Roma Nord


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    I sei approcci al problema mente-corpo
    • L’approccio dell’interazionismo, secondo il quale i processi mentali e i processi fisici (corpo) sono fenomeni distinti e separati, ma che tuttavia sono in grado di esercitare un’influenza reciproca. Un esempio di questo approccio è il dualismo cartesiano. L’interazionismo concorda quindi con il dualismo cartesiano sul fatto che vi siano due sostanze fondamentali (mente e corpo) ma postula un certo grado di influenza dell’una sull’altra.
    • L’approccio dell’interazionismo coordinato o parallelismo. Introdotto da Leibniz per spiegare il dualismo cartesiano, definisce il modo in cui si comportano le monadi sebbene siano ciascuna indipendente dall’altra e perseguano scopi diversi e prestabiliti. Allo stesso modo si comportano i processi mentali e i processi fisici. Sebbene siano processi distinti e separati, il loro funzionamento in parallelo sembra suggerire un rapporto di causalità. Una spiegazione proposta sia da Leibniz che da Malebranche è che entrambi i fenomeni non sono in rapporto causale diretto tra di loro, ma sono piuttosto in correlazione, essendo entrambi l’effetto di una causa unica, e cioè di un atto intenzionale di Dio. I due approcci presentati sono varianti del dualismo cartesiano.
    • L’approccio del monismo idealistico o idealismo, secondo il quale esiste solo una sostanza: la mente, mentre il corpo – e più in generale la realtà – è la sua espressione.
    • L’approccio del monismo neutrale in cui i due processi originano da una entità comune, che non è né mentale né fisica. Per Spinoza questa entità e Dio.
    • L’approccio epifenomenologico, dove la mente è un effetto secondario dei processi fisici e non viceversa.
    • L’approccio materialistico, dove i processi fisici sono l’unica realtà e quindi i processi mentali o non esistono o sono ciò che noi percepiamo dei processi fisici. Una corrente di questo approccio è il materialismo dialettico di Marx e Engels, nucleo della loro concezione materialistica della storia. Gli uomini che vivono e producono in una data società, si muovono entro determinati rapporti necessari e indipendenti dalla loro volontà, quali sono i rapporti di produzione – quindi processi fisici – propri di una determinata fase dello sviluppo storico[1].
      È l’esatto opposto dell’approccio del monismo idealistico, o idealismo.
    Il problema pensiero-linguaggio

    Nell’ambito della psicolinguistica, emergono le stesse questioni del problema mente-corpo.
    Un primo approccio al problema è stato presentato da Lev Vygotskij.
    Secondo questo autore, non esistono solamente il pensiero e il linguaggio, ma anche una terza forza, il pensiero-linguaggio (o pensiero verbale). Il pensiero verbale è anche detto linguaggio interiore o endofasia.
    Esistono pertanto un pensiero che non ha alcun rapporto con il linguaggio, un linguaggio che non ha alcun rapporto con il pensiero e il pensiero verbale.
    Il pensiero verbale è il punto parziale di incontro, ad un certo punto dello sviluppo del bambino, dei due processi, di fatto una sorta di epifenomeno.
    I due processi – pensiero e linguaggio – sono indipendenti – per genesi e sviluppo – e continuano ad esserlo, tranne quando parti di loro si incontrano ad un certo punto dello sviluppo e pertanto procedono – solamente quelle parti – congiuntamente e in regime di interdipendenza.

    Abbiamo detto che il pensiero verbale è il linguaggio interiore. Secondo Vygotskij, precursore del linguaggio interiore – in inglese covert speech – è assimilabile al concetto di linguaggio egocentrico, postulato da Jean Piaget.

    Secondo Piaget, che vede lo sviluppo del linguaggio come dipendente dallo sviluppo cognitivo – a differenza della dipendenza/interdipendenza postulata da Vygotskij e dalla indipendenza postulata da Chomsky – il linguaggio egocentrico è ancella del pensiero egocentrico e privo di qualsiasi utilità, in quanto esclusivamente precursore del linguaggio socializzato.
    Per Vygotskij il linguaggio egocentrico è invece utile al bambino, in quanto sostituisce il pensiero verbale fino ai sette anni di età – dicevamo che ne è di fatto il precursore.
    Si tratta pertanto di un pensare ad alta voce stante la scarsa abilità del bambino di pensare in silenzio.

    In psicolinguistica, le funzioni del linguaggio possono essere comunicative e/o cognitive. Sono comunicative quando il linguaggio serve a comunicare pensieri – indipendentemente da come si sono formati.
    Sono cognitive quando il linguaggio serve a formare pensieri.
    Vygotskij assegna al linguaggio entrambe le funzioni.
    In particolare il linguaggio egocentrico viene introiettato poiché altrimenti molti dei pensieri verbali non si originerebbero.

    C’è da chiedersi a questo punto: se è vero che il linguaggio serve in taluni casi a formare pensieri, è possibile che la diversa struttura del linguaggio – ad esempio la grammatica oppure la semantica –tra due lingue determini una diversità anche nella formazione del pensiero?
    È l’ipotesi Sapir-Whorf, secondo cui determinate strutture linguistiche generano determinate strutture mentali, e pertanto processi cognitivi, affettivi e conativi che possono in parte differire tra loro[2].

    Secondo Jackendoff il pensiero può funzionare perfettamente senza linguaggio, essendo una funzione totalmente separata da esso.
    Tuttavia il linguaggio rende possibili delle modalità di pensiero più complesse rispetto a quelle che hanno a disposizione gli organismi privi di linguaggio.

    Il linguaggio è più di un semplice mezzo di comunicazione e di trasmissione culturale; è anche uno strumento che ci aiuta a pensare.

    Per riassumere la posizione di Jackendoff, ci sono almeno tre modi in cui il linguaggio potenzia il pensiero:

    • permette di individuare e rendere consapevoli elementi astratti del pensiero (come inferenze, situazioni ipotetiche e ragionamenti controfattuali);
    • essendo coscienti, questi elementi sono a disposizione dei processi attentivi, che possono rielaborarli, stabilizzarli, arricchirli, immagazzinarli e recuperarli;
    • il linguaggio permette di isolare elementi delle nostre esperienze percettive per sottoporli a valutazione e critica. Inoltre, poiché i pensieri stessi diventano percepibili attraverso la codificazione linguistica, il linguaggio permette di impegnarci in attività di metaragionamento possibili solo per gli esseri umani.

    [1] Mutatis mutandis, Freud dirà successivamente che il funzionamento psicologico si determina necessariamente entro tre provincie della psiche: Io, Es e Super-Io. Lo scambio di contenuti all’interno di queste tre provincie avviene indipendentemente dalla nostra volontà.
    [2] Cognizione, emozione e conazione sono tradizionalmente considerate le tre componenti della mente

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  • Intelligenza artificiale

    Intelligenza artificiale

    Filosofia della mente

    Intelligenza artificiale

    Isomorfismo mente-computer

    di Emanuele Fazio

    Intelligenza artificiale e isomorfismo mente-pc

    Per i teorici dell’Intelligenza Artificiale, il computer è una mente (ma non nel senso di una mente umana), e la mente (umana) è a sua volta un computer (ma non nel senso che è formato di microprocessori).

    Questo isomorfismo mente/pc – o teoria computazionale della mente – è da intendersi più come isomorfismo funzionale che strutturale.

    Ciò non toglie che alcuni filosofi lo hanno inteso anche strutturale, posizionandosi su ciò che si chiama “interpretazione forte” dell’isomorfismo mente/pc.

    Voglio precisare che dire pc significa dire software e hardware e dire mente significa dire pensiero e cervello. Pertanto il software si può paragonare al pensiero mentre l’hardware si può paragonare al cervello.
    La mia personale definizione di mente è pertanto la seguente:

    con mente si intende il cervello, compreso ciò che è in grado di fare, come ad esempio pensare, e di conseguenza ciò che ne deriva, l’essere più o meno coscienti oppure prendere le giuste decisioni.

    Ne consegue che

    con pc si intende l’hardware, compreso ciò che è in grado di fare, grazie all’aiuto del software, come ad esempio fare calcoli e produrre grafici.

    Emanuele Fazio
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    Differenze importanti

    Una differenza importante che mi preme da subito evidenziare e che riprenderò non appena parleremo di funzionalismo, è quella che mentre in un pc il software non condiziona l’hardware – e viceversa – in una mente il pensiero (e ciò che ne deriva) condiziona il cervello – cioè che è in grado di modificare la sua struttura – e viceversa – cioè che il cervello è in grado di modificare il pensiero e ciò che ne deriva.
    Tengo a precisare che strutture biologiche e processi biochimici e biofisici, pensieri, stati mentali e di coscienza, decisioni e quant’altro hanno rapporti causali circolari e nessuno determina in via esclusiva l’altro, nel senso che nulla è causa esclusiva di un determinato effetto.
    I processi biochimici NON determinano gli stati di coscienza SEMPRE.
    Forse solo a volte, forse altrettanto spesso, forse in via prevalente, ma gli stati di coscienza determinano i processi biochimici – e pure quelli biofisici, il pensiero, la decisione e quant’altro, finanche la struttura del cervello.

    Sia il pc che la mente sono stati definiti sistemi intelligenti.
    Ma mentre c’è più accordo su cosa sia un “sistema”, ce ne è molto meno su cosa debba definirsi “intelligente”.

    Ma torniamo per un attimo all’isomorfismo funzionale.

    Durante gli anni ’60, diversi filosofi tra cui Davidson, Putnam e Fodor proposero una nuova teoria della mente, detta funzionalismo, o teoria computazionale della mente. Questa teoria si contrapponeva alle due teorie allora in voga: il comportamentismo e la teoria dell’identità.

    La teoria dell’identità – o del riduzionismo psicofisico – sostiene che ci sia solo una realtà sostanziale: la realtà fisica, materiale.
    Perciò la mente non può non essere qualcosa di materiale.
    La mente è pertanto identica al cervello: tutti i fenomeni e gli stati mentali prodotti dal pensiero in realtà sono fenomeni e stati neurali prodotti dapprima dal cervello.
    Pertanto ad un determinato fenomeno/stato mentale prodotto dal pensiero corrisponde un determinato fenomeno/stato neurale prodotto dapprima dal cervello.
    Il funzionalismo contestava questo assunto, in quanto non si spiegava il fatto che differenti fenomeni/stati neurali possono produrre lo stesso fenomeno/stato mentale.
    E viceversa.

    Per il funzionalismo, ciò che è importante è la funzione di uno stato mentale, non il substrato che la determina.
    In tal senso la nostra mente e un pc possono svolgere la stessa funzione – ad esempio effettuare un calcolo – sebbene fatti di strutture e materia diverse: il cervello potrebbe benissimo essere fatto di formaggio svizzero, come sosteneva Putnam!

    Ma come ho anticipato qualche riga prima, mentre in un pc il software non condiziona l’hardware – e viceversa – in una mente il pensiero condiziona il cervello – cioè, è in grado di modificare la sua struttura – e viceversa – cioè, il cervello è in grado di modificare il pensiero.
    Molto spesso questo evento segue una dinamica cosiddetta a feedback circolare.
    Modificandosi i suoi determinanti, si modificano di conseguenza i fenomeni/stati mentali.
    Quindi può andare bene anche il formaggio svizzero per strutturare il cervello, a patto che presenti le stesse caratteristiche di plasticità dell’ attuale materia che compone la struttura e facilita le funzioni e i processi neuropsicologici.

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  • Atteggiamenti e stati mentali

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    Filosofia della mente

    Atteggiamenti e stati mentali

    Due concetti simili ma anche diversi

    di Emanuele Fazio

    Atteggiamenti e stati mentali

    L’atteggiamento è una valutazione relativamente duratura di un oggetto, persona, gruppo, problema, pensiero o concetto utilizzando sia una scala di misura dicotomica – ad esempio negativo o positivo – che una scala a più valori.

    Gli atteggiamenti e pertanto la valutazione possono risentire di credenze, emozioni o altri atteggiamenti collegati all’oggetto della valutazione.

    Gli stati mentali fanno riferimento ad una condizione particolare nella quale si trova un essere umano che va oltre l’atteggiamento nei confronti di qualcosa – anche se spesso includendolo oppure essendo questo l’unico elemento determinante – e che sono determinati da fattori quali la salute e lo stato di benessere, aspetto, umore, linguaggio, socievolezza, cooperazione, espressione facciale, attività motoria, attività mentale, stato emotivo, tendenza di pensiero, consapevolezza sensoriale, orientamento, memoria, livello di informazione, livello di intelligenza generale, capacità di astrazione e interpretazione e giudizio.

    Quando l’atteggiamento è espresso verbalmente a se stessi oppure ad altri da se, si formalizza in una proposizione oggettiva che segue verbi come: credere, sperare, aspettarsi, desiderare.
    La proposizione oggettiva che esprime l’atteggiamento (in inglese propositional attitude) può seguire anche la formulazione “io penso che …”.

    Emanuele Fazio
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  • Filosofia della mente

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    Filosofia della mente

    Che cos’è la filosofia della mente

    Una definizione concisa ed esaustiva

    di Emanuele Fazio

    La filosofia della mente

    La filosofia della mente è quella branca della filosofia a cavallo tra filosofia teoretica e metafisica[1] che si domanda e cerca di dare una risposta circa la natura dei fenomeni mentali, cioè come si determinano e cosa li caratterizza, e ancora più in particolare si domanda e cerca di dare una risposta sul perché e in che modo tali fenomeni mentali entrano in contatto con il mondo fisico, soprattutto con quel particolare oggetto del mondo fisico che è il nostro corpo.

    Quali sono questi fenomeni mentali?

    I fenomeni mentali che indaga la filosofia della mente sono tanti e diversi.
    Una prima classificazione li può distinguere in fenomeni di carattere cognitivo e di carattere affettivo/emotivo.
    Ma per la filosofia della mente la maggior parte dei fenomeni mentali risultano essere una combinazione di questi due caratteri.
    Alcuni esempi di fenomeni mentali sono: la percezione (soprattutto visiva, ma anche quella che ci deriva dagli altri sensi), l’attenzione, i vari stati di coscienza, la rappresentazione mentale di oggetti concreti oppure astratti, la conoscenza, le varie forme di apprendimento, la memoria, l’esperienza, la decisione, la risoluzione dei problemi, la comunicazione (anche attraverso il linguaggio), la motivazione e le emozioni.

    [1] La metafisica è quella branca della filosofia che si occupa di tutte quelle questioni che non possono essere spiegate dalla fisica, la filosofia della natura (philosophiae naturalis).
    Come tale, è considerata la branca più astratta e speculativa – non empirica – della filosofia.
    Il primo a occuparsi di metafisica fu Platone, che postulò una forma di realtà non materiale, quindi ideale o idealizzata – pertanto metafisica – che contribuisse a spiegare e dare conto della realtà fisica: il mondo iperuranio delle idee.
    Le questioni che non riescono ad essere interamente spiegate dalla fisica sono oggi quelle che attengono la mente, lo spirito, i principi astratti ed alcune attinenti il mondo fisico, in particolare l’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande, nonostante i passi da gigante compiuti grazie alla fisica quantistica e alle due leggi sulla relatività di Einstein.

    Emanuele Fazio
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